I social media ed il web 2.0

Il web nasce come piattaforma per la visualizzazione di ipertesti statici generati in linguaggio html.
La sua natura di network semplice e statico inizia a cambiare con l’integrazione di database e CMS per la gestione dei contenuti, cosa che permise un primo step nella direzione del web come lo conosciamo oggi.

Dalla consultazione all’interazione

Il Javascript, gli elementi dinamici e i fogli di stile (CSS) sono stati gli strumenti affinchè dagli ipertesti consultabili si passasse, in una transizione fluida, a dei veri e propri applicativi web, sempre più simili per grafica e funzionalità a quelli tradizionali per computer. La tecnologia per il trasferimento dati non cambiava, trattandosi sempre dei protocolli TCP/IP e HTTP, a cambiare piuttosto era la forma dei dati, che pur mantenendo l’ipertesto come base concettuale, permettevano e anzi, spesso richiedevano, l’interazione dell’utenza.

La rivoluzione dei blog: l’utenza attiva

I primi siti disponibili online, semplici o complessi che fossero, necessitavano un programmatore con nozioni di HTML che li realizzasse e curasse. Questo faceva in modo che la community online fosse formata, per il 99%, da professionisti ed appassionati di informatica. Toccò ai blog, dai primi anni duemila in particolare, cambiare completamente il panorama. Da quel momento, chiunque avesse un computer con accesso ad internet, ottenne improvvisamente la possibilità di avere una propria pagina, pubblica o privata, su cui pubblicare testi ed immagini, senza particolari competenze informatiche. A garantire la possibilità furono provider di servizi (in Italia ricorderemo in particolare Splinder, di Tipic, ed MSN Spaces di Microsoft) grazie ai quali era semplice avere, gratuitamente, pagine con soluzioni grafiche anche piuttosto sviluppate per l’epoca.

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Dalla messaggistica istantanea ai social media

Le principali piattaforme di blogging, due delle quali citate nei paragrafi precedenti, anno dopo anno implementavano nuovi servizi, gratuiti, ad espandere le funzionalità offerte, così che gli utenti potessero esprimere sempre con maggiore libertà la propria creatività. E tutto questo era gratis. I diversi blogger erano portati sempre più a conoscersi, commentarsi a vicenda, collaborare persino, con piattaforme di messaggistica istantanea – MSN Messenger è stato lo standard per un’intera generazione di millennials – che permettevano loro di essere costantemente in contatto.

Dall’interazione alla condivisione

Connessioni a banda larga, la nascita di YouTube, forum gratuiti e semplici da creare e personalizzare, client Peer-To-Peer con chat integrata per il trasferimento veloce di file (da Napster a Emule passando per WinMX e Lopster): il concetto di interazione tra l’utenza e gli ipertesti online stava definitivamente e radicalmente mutando.
L’internet, nella seconda metà degli anni duemila, iniziava ad essere di tutti e ruotava intorno ad un concetto: la condivisione.
MySpace provò a mettere tutto insieme dando vita a quello che era probabilmente il primo, vero, grande social network della storia, dando in un sol posto la possibilità ai propri utenti di avere un proprio profilo personale, un blog, formare gruppi e condividere video, foto e musica.
Su questa piattaforma mossero i primi passi e raggiunsero la notorietà mondiale artisti oggi affermati come Arctic Monkeys, Adele, Mika, Lili Allen e Nicki Minaj, tra gli altri.
Il tutto prima ancora di pubblicare veri e propri dischi.

Facebook e l’era dei social media

I tempi erano ormai maturi affinché qualcuno mettesse insieme tutti i trend della rete in un unico contenitore. Mark Zuckerberg ebbe il giusto tempismo nel dare vita al suo Facebook, che in pochi anni da piattaforma universitaria americana divenne primo social network mondiale, nonché colosso commerciale capace, oggi, di un influenza senza pari su tutti gli aspetti del vivere sociale, in tutti i paesi più sviluppati. Politica, marketing, informazione, economia: tutto, in un modo o nell’altro, passa da Facebook.

Il mondo dei social media

Facebook, Instagram, Youtube e Twitter: se dovessimo indicare i Big Four che hanno cambiato il mondo per renderlo, nel bene e nel male, quello che oggi, non potrebbero essere che questi. Dal bambino al pensionato, dal Presidente degli Stati Uniti d’America al dipendente pubblico, tramite un post, un tweet, un video o una foto, siamo tutti in grado di interagire con chiunque, potenzialmente in qualsiasi momento. Le aziende si trovano obbligate a parlare coi propri clienti, i politici coi propri elettori, e sfruttare questo nuovo ponte diretto diventa vitale per qualsiasi brand, di qualsiasi campo, che miri a sopravvivere ed espandersi nel medio e lungo termine.

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Social media management & influencer marketing

Arriva un momento nella storia contemporanea in cui nascono le figure mitologiche del social media manager e dell’influencer. Il primo è quello che, banalmente, all’interno della comunicazione di un brand, organizza la pubblicazione di contenuti sui diversi Social Media secondo un piano editoriale scritto e studiato per fare leva su interessi e valori del target di clienti selezionato. Il secondo è… Beh, il secondo è…

Gli influencer

L’influencer attuale è quella figura che va a sostituire, nella funzione più che nella sostanza, l’opinion leader. Questo era un personaggio che, per riconosciuta autorevolezza e competenza, si poneva nella posizione di poter influenzare opinioni e comportamenti di chi lo riconoscesse come figura guida.
L’influencer sostituisce il parametro qualitativo della competenza con quello quantitativo del seguito. Come questo seguito venga conquistato, non fa differenza, sempre che sia un seguito reale e non virtuale (esistono metodi per ingrandire i numeri del proprio seguito in maniera artificiosa, ma esistono altrettanti semplici modi per rivelare gli inganni). Esistono dunque figure autorevoli apprezzate e seguite per i propri meriti come figure controverse seguite per il caos mediatico che sono in grado di generare.

Il social media management secondo A Digital Else

Il potere dei social media e degli influencer che li animano, oggi, è sterminato. Si basa sulla semplicità del loro approccio e sulla pervasività delle loro piattaforme, disponibili su quei device elettronici parte inscindibile della nostra quotidianità e il cui utilizzo è entrato definitivamente nel circolo abitudinario delle cose che facciamo senza più nemmeno accorgerci.
Cade la differenza tra un politico ed un gamer perché li troveremo affiancati, facce sorridenti, nella newsfeed di Youtube piuttosto che sulla bacheca di Instagram, ugualmente intenzionati ad accrescere il proprio numero di follower.

In A Digital Else studiamo strategie e produciamo media per utilizzare al meglio i social network e conoscere gli influencer migliori e di maggior qualità al fine di valorizzare lo spirito e i prodotti dei brand nostri clienti.

Puntiamo sulla qualità di forma e contenuti piuttosto che su numeri e quantità potenzialmente ingannevoli.

Qualità prima che quantità

Si potrebbe infatti pensare che rivolgersi ad un pubblico numericamente maggiore sia sempre più vantaggioso del parlare ad una nicchia, e questo porterebbe a formulare strategie che coinvolgano (o puntino a formare) influencer solo di vasta portata.
Non è così.
Quando si parla attraverso i social media si ha la fortuna di potersi scegliere il pubblico identificandone prima interessi e comportamenti usuali. Fare social media management significa creare contenuti, divulgarli e misurarne la ricezione e considerazione da parte del pubblico, così da aggiustare il tiro giorno dopo giorno, occasione dopo occasione. Tra un milione di follower di natura eterogenea e dai diversi interessi, e centomila follower riunitisi intorno a passioni specifiche, il pubblico più interessante cui rivolgersi, sarà sempre il secondo, perché più motivato e motivabile all’acquisto.

A tutto questo aggiungiamo la consueta etica comunicativa allo scopo di dare riconoscibilità e unicità reale non solo al modo in cui i nostri clienti comunicano, ma ai loro brand stessi, così da aumentarne collateralmente il valore percepito.

I nostri clienti

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